Quando arrivava il momento di andare a dormire, ero felice. Mentre gli altri si ritiravano nel sonno per riposare, io vi entravo come si entra in un tempio: con attesa, curiosità e rispetto.
Sapevo che, chiudendo gli occhi, avrei potuto varcare una porta nel buio — quel varco invisibile che conduce ad altri mondi, misteriosi e profondamente veri. Nel sogno non ero mai sola. C’erano simboli che mi parlavano senza parole, luoghi che sembravano usciti da fiabe dimenticate, creature arcane che portavano messaggi nascosti.
Una viaggiatrice silenziosa nei territori dell’invisibile, una bambina capace di percepire che sotto la pelle del quotidiano si nascondeva un’altra realtà: pulsante, viva e piena di senso. I sogni non sono solo immagini: sono portali che aprono finestre su noi stessi, sugli altri, sul tempo che non passa ma si trasforma. Crescendo, ho imparato a non dimenticarli, a trascriverli, a decifrarli come si fa con un antico alfabeto segreto.
Pian piano ho compreso che quei mondi non erano frutto della fantasia, ma specchi dell’anima. Luoghi in cui l’inconscio lavora, evoca, guarisce, comunica e chiede di essere ascoltato. Scrivere questo libro è il mio modo per onorare quei sogni, e anche quelli di chi li affida a me.
Perché ogni sogno è una storia che vuole essere compresa, un messaggio che vuole essere accolto, un dolore che vuole essere guarito.
Un ponte tra la parte visibile della vita e quella più misteriosa, tra ciò che pensiamo di sapere e ciò che, in verità, sentiamo nel profondo. Il sogno non mente, anche quando si maschera dietro simboli assurdi, scenari impossibili, immagini deformate o grottesche, sta sempre dicendo la verità.
Una verità che non si esprime con la logica, ma con la bellezza delle immagini e delle sensazioni provate. i sogni bussano all’intuizione e alla profondità per scoprire tesori nascosti, stanze mai aperte, persone da incontrare, dolori da urlare. Demoni e angeli vivono negli anfratti e nelle valli incontaminate e sepolte della nostra profondità. Anche i più superficiali possono avere accesso nel proprio mondo sotterraneo, nella città sepolta e camminare tra le rovine o gli incantevoli luoghi presenti e ancestrali.
Non sempre riusciamo a comprendere il significato dei nostri sogni perché il sogno parla una lingua antica: quella del mito, dell’archetipo, dell’immaginazione sacra. Una lingua che il corpo comprende, anche quando la mente fatica a decifrarla. Quando sogniamo, entriamo in una dimensione dove tutto è possibile, ma nulla è casuale. Le emozioni si vestono di figure, i ricordi si mescolano ai desideri, le paure prendono forma, e ciò che è stato dimenticato, rimosso, nascosto — trova finalmente voce. I sogni non ci dicono solo cosa stiamo vivendo, ma come lo stiamo vivendo. Sono uno specchio trasparente, che riflette l’invisibile. Ci mostrano i nodi da sciogliere, le parti da integrare, le ferite da guarire, i talenti sopiti, le risorse nascoste, le intuizioni che aspettano solo di essere ascoltate.
Quando qualcuno mi racconta un sogno, lo ascolto con tutto il corpo. Accolgo non solo le parole, ma anche i gesti, il suono della voce, le espressioni. Entro in quello spazio-dimensionale che il sogno incide, e lì le mie percezioni si attivano, si espandono, entrando in quello spazio aperto dalla volontà di attraversare un varco che mi connette ad un ascolto empatico, totale, ma anche rispettoso e centrato. È un’immersione cinestetica, in cui sento senza invadere, accolgo senza possedere, accompagno senza condurre. Resto presente, aperta, e al tempo stesso radicata nel mio centro.
Grazie a questo contatto la persona entra in relazione con una parte profonda di sé. Il sogno diventa un ponte, un invito al dialogo tra l’Io e l’Anima. Non serve “interpretare” nel senso stretto del termine, bisogna entrare in risonanza, esserci, e chiedersi: dove mi porta questo sogno?
Perché il sogno è una guida e se impariamo ad ascoltarlo, ci conduce esattamente dove dobbiamo andare.